Liberi Dentro-Eduradio, il progetto radio-televisivo che dà voce al carcere

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Fare informazione dal carcere e sul carcere: frate Ignazio, co-conduttore della rubrica radiofonica, racconta il programma promosso da ASP Città di Bologna

Fare informazione dal carcere e sul carcere è già un’impresa difficile in un panorama mediatico poco attento all’argomento e con un’opinione pubblica di conseguenza poco informata. Figurarsi in questo periodo di pandemia, con tutte le attività educative e formative all’interno del carcere sospese o limitate. Eppure a Bologna qualcuno ci prova. Stiamo parlando di Liberi Dentro-Eduradio, il progetto radio-televisivo nato per arrivare direttamente tra le celle del carcere Dozza, che vede coinvolti ASP Città di Bologna in collaborazione con il Comune di Bologna, l’Associazione Insight e la Web Agency TecnoTrade. 

Si tratta di un programma che va in onda tutti i giorni (esclusi i festivi) dalle 9 alle 9.30 sia in radio sulle frequenze di Radio Città Fujiko 103.1 FM, che in televisione sul canale Teletricolore 636. L’intento del format condotto da Caterina Bombarda e frate Ignazio de Francesco è quello di accorciare le distanze che separano il carcere dalla società, a maggior ragione in un periodo così complicato e fragile come questo. 

Intervistato da Nicola Rabbi di BandieraGialla, il monaco della comunità fondata da Giuseppe Dossetti Ignazio de Francesco ci racconta com’è nato e come intende svilupparsi il progetto Eduradio.

Ignazio ha vissuto per 12 anni in Medio Oriente dove si è specializzato in islamistica: “Il mio incontro con il carcere è stato proprio per la presenza lì di centinai di musulmani. Sapevo l’arabo, conoscevo la loro cultura e allora ho dato una mano per le relazioni con i detenuti musulmani, facendo soprattutto i colloqui individuali”.
La sua attività lo ha portato a leggere la Costituzione italiana in arabo per farla conoscere ai detenuti dato che “Non si dà integrazione se non passando per il territorio culturale delle persone a cui ci si rivolge”. Quella italiana veniva confrontata con le costituzioni dei paesi di origine dei detenuti arabi in un percorso di lettura e discussione che è durato due anni e che è stato raccontato nel docu-film Dustur, che in arabo significa appunto costituzione.
Un successivo progetto “Constitution on air” che vedeva degli studenti universitari impegnati in un progetto di educazione alla cittadinanza in carcere, era diventato un documentario radiofonico a causa della pandemia ed è così che è nata l’idea di trasformare in un programma radiofonico e televisivo tutte le attività educative fatte all’interno del carcere e che non potevano essere fatte in presenza.
“Eduradio è nata come emergenza ma lo sviluppo che sta avendo adesso è sorprendente – afferma frate Ignazio – è l’idea di un cambio di paradigma, di trasformare la radio accesa 24 ore da strumento generalista e anestetizzante per i detenuti in uno strumento integrato del progetto rieducativo”.

Il programma radiofonico, promosso dal Comune di Bologna, Asp Città di Bologna e con il sostegno dell’associazione Insight, è partito a fine gennaio 2021 e continuerà fino al 18 aprile. Trasmetterà per l’intera settimana per circa un’ora al giorno e avrà una replica anche su Tele Tricolore una televisione che copre tutta l’Emilia Romagna, presente sul canale digitale terrestre numero 366.
Mentre la rubrica “Buongiorno con Liberi dentro” è un programma di intrattenimento con musica e ospiti, l’altra mezz’ora quotidiana (che va in onda su Radio Fujiko alle 6,30) è condotta dai responsabili dei vari laboratori che si svolgevano dentro il carcere (teatrale, scrittura autobiografica, giornalismo…). A questi si sono aggiunti nuovi laboratori che prima non esistevano come quello dedicato alla salute.

La scelta del canale radiofonico e di quello televisivo ha lo scopo di raggiungere il maggior numero di persone fuori e dentro al carcere, sì perché questo tipo di informazione ha sempre il duplice obiettivo di far parlare chi sta dentro al carcere ma anche di sensibilizzare il comune cittadino che spesso è carico di pregiudizi.
Anche se l’iniziativa è partita da Bologna la vocazione di questo progetto è chiaramente regionale – già esiste la collaborazione con il carcere di Parma – e si stanno cercando accordi con altre radio locali per replicare le trasmissioni e coprire così l’intera Emilia Romagna.
La radio in particolare è un mezzo molto adatto, sostiene frate Ignazio, “Mentre per vedere la televisione in carcere ci si deve accordare con i compagni di cella, la radio, è personale, si ascolta con le cuffie durante la passeggiata o di notte”.

Del resto l’utilizzo della radio per parlare di carcere ha dei precedenti illustri in Europa. Il caso più famoso è quello inglese dove dal 2007 esiste Prison Radio Association che copre 100 case circondariali con il 75% dei detenuti che l’ascoltano, ha due studi di produzione (uno femminile e l’altro maschile) con uno staff di 80 persone tra detenuti e professionisti.
In Italia invece è nota l’esperienza di Paolo Aleotti, giornalista RAI, che a Bollate fa da anni un laboratorio di giornalismo radiofonico dal titolo Jail Houserock e che va in onda su Radio Popolare.

In futuro frate Ignazio spera che anche a Bologna i detenuti possano partecipare direttamente alla realizzazione del programma radiofonico. “Capiamo tutte le difficoltà di far uscire le voci dei detenuti. Portare la voce dei detenuti all’esterno è un fattore di integrazione molto forte. Ma sappiamo che il canale può essere manipolato, può essere usato per messaggi in codici, occorre avere una grande attenzione”.
Questo tipo di difficoltà non deve sminuire però l’importanza di un’esperienza come Eduradio, come testimoniano le numerose lettere che i detenuti scrivono su carta e fanno arrivare a frate Ignazio, lettere dove esprimono gratitudine di non essere lasciati soli soprattutto in questo momento.
Ma una volta che finirà l’emergenza sanitaria cosa succederà a Eduradio?
“Noi siamo tutti operatori in carcere – dice frate Ignazio – quindi l’idea è quella di portare i volti e le voci che sono famigliari alla popolazione detenuta, in prospettiva vorremmo essere l’aggiunta delle attività che si fanno in presenza, una volta che finirà la pandemia”.

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